GIZZERIA JACARI



Situata in posizione panoramica alle pendici del Monte Mancuso, di fronte al Mar Tirreno, ad un'altitudine di 630 mt s.l.m., dispone di una superficie di 35.93 Kmq, fino a qualche anno fa contava oltre 3.500 ab.
Gizzeria è rinomata per la produzione agricola di ortaggi, ottimo dino ed olio di oliva, oltre all'attività turistica nella zona marinara, con la presenza di buone strutture albreghiere.
Gizzeria, non vanta origini remote, pur essendo parte di un comprensorio archeologico di notevole importanza. Le sole notizie certe della prima costituzione del paese non vanno al di la del periodo Bizantino. Molto controversa è, anche, l'etimologia del toponimo Gizzeria. C'è chi lo ritiene derivante dal greco Izwsios = essere collocata. La forma Izaria è, invece da ricondurre alla migrazione albanese. In epoca normanna il nome era stato, al contrario, Yussaria. Da Izaria derivò successivamente Jzria (1510), poi mutatosi, per ragioni fonetiche, in Jazzaria o Jizzeria. Il nome attuale è in uso dai 1753. La storia del paese, dopo la distruzione da parte dei Saraceni, avvenuta verso la fine dell'anno mille e precisamente il 981, secondo quanto dicono alcune fonti storiche, è prevalentemente centrata, nei primi secoli, sul monastero greco di S. Nicola, un piccolo agglomerato di pochi abitanti alloggiati per lo più in pagliai ed abituri.
Il cenobio, che sorgeva su un terreno appartenente ai Cavalieri di Malta, ha avuto dapprima una sua vita autonoma, durata fino a quando Roberto il Guiscardo, latinizzandolo, la concesse alla famosa badia benedettina di S. Eufemia intorno a questa comunità, si sviluppava così il primo nucleo dell'abitato di Gizzeria, un paese che non avrebbe avuto però un ulteriore sviluppo se non fosse stato rinvigorito dall’apporto d'alcuni, profughi albanesi, venuti nell'Italia meridionale per sedare la rivolta dei baroni calabresi, capeggiata da Antonio Centelles, il quale si era ribellato al re di Napoli Alfonso I d'Aragona. Le truppe albanesi, guidate da Demetrio Reres inviato appositamente dall’eroe nazionale Scanderberg, contribuirono valorosamente a riconquistare la Calabria. Stabilitosi, infine, il Reres a Reggio, furono i suoi compagni a fondare, tra il 1448 e il 1450, Gizzeria e numerosi altri paesi della provincia di Catanzaro. I primi coloni albanesi, quasi tutti poveri e poco rispettosi dei vicini e del potere feudale, per procurarsi da vivere furono costretti a fare scorrerie per le campagne che davano luogo a continui reclami delle popolazioni danneggiate. Solo quando fu loro preclusa ogni speranza di poter rientrare nella loro terra d'origine, l'Albania, essi furono obbligati ad accettare il vassallaggio dei Cavalieri di Malta. Dalla costituzione in "universitas", tra il 1558 e il 1574, la sua storia come quella di molti altri piccoli Centri calabresi, non offre per secoli elementi di particolari novità. Solo alla fine del '700, e dall'avvento dei Francesi, il paese sembra scuotersi da tale atavico torpore, riservando una buona accoglienza ai reparti dell'esercito rivoluzionario, salvo poi a ricredersi nel 1806, quando Gizzeria accolse a fucilate quei Francesi che dovevano rimanervi per tre anni. Nel '48 è segnalata la presenza di diversi gizzeresi nella battaglia dell'Angitola, nel corso della quale avrebbero dato buona prova del loro valore contro le milizie borboniche. Anche una cellula rnazziniana vi sorse e prosperò, animata precipuamente da Antonio Miceli e da quell'Alessandro Toja, che ritroveremo poi tra i mille di Garibaldi. Le sole vestigia di tale percorso storico sono costituite dagli edifici di culto e dai pochi palazzi medio-alto borghesi con qualche ricerca d'ornamentazione ricalcante moduli “neoclassici” Sono di qualche interesse la chiesa dell’Annunziata e la Parrocchiale dedicata a S. Giovanni Battista. Ricordiamo anche i ruderi di una terza chiesa annessa al convento di S. Francesco d'Assisi, che si può far risalire, secondo un ricercatore locale, al 1500. Gli albanesi avevano portato nelle nuove terre, assieme alla lingua, le loro tradizioni, i loro costumi, i loro usi. La comunanza con altre famiglie venute da altre zone della Calabria, in particolare dopo i due disastrosi terremoti del 1638 e del 1783, gli scambi commerciali, le relazioni, i matrimoni con gente dei paesi vicini, modificarono notevolmente il carattere della popolazione, preparando la progressiva scomparsa dell’idioma arbresh.